E brava Francesca Michielin.
Vent’anni e una canzone bella dietro l’altra.
Canzoni da ventenni, canzoni giovani, forse un po’ acerbe, ma belle.
Un cuore in due, cantata con voce volutamente graffiata e ricercatamente english, è semplice e bella.
“Avere un cuore in due non è facile, ognuno vuole più della metà per sé”, canta Francesca, ed è vero.
E, “al massimo”, poi, “diventa un’abitudine”…
La Michielin azzarda il fatto di sapere già come può andare a finire e questo significa, essendo i suoi pezzi fortemente autobiografici, che l’ha provato, che c’è già passata, in mezzo alla fine non tanto di un amore, ma dell’idea di quell’amore. E ne è uscita libera.
In un’intervista ha dichiarato che “vuole trovare in sé la fonte di felicità” ed è questo che la distingue da molti altri suoi coetanei, concentrati sulla ricerca altrove o non concentrati.
Ma, così, si può essere se si crea, se esiste un livello di soddisfazione/realizzazione personale forte, basato sulla possibilità di dire qualcosa di nuovo e di riuscire a dirlo bene.
Per questo, credo che, fin da molto, molto piccoli, occorrerebbe essere educati, formati, a creare, appunto.
Inventare storie, inventare poesie, musiche, canzoni.
Non importano i risultati, non si tratta di arte, si tratta di vita.
Si tratta di imparare che si può dire, fare (e anche baciare) nella forma che si ritiene più propria, più possibile. Che si può e che è bello.
Occorre incoraggiare i bambini a non aver paura di tirare fuori quello che sono dentro, anche in zone che non si conoscono fino a quando non escono.
Ma ciò che conta non è solo stimolare, e in modo strutturato, come fa bene ai piccoli, attraverso giochi, attività, esperienze concrete, ciò che conta è gratificare dopo.
Ciò che conta è fare sentire forti, bravi e capaci.
Tutto si può aggiustare, tutto si può migliorare, ma se la fiducia in ciò che emerge dai flutti della propria mente e anima non cresce insieme a noi, sarà difficile aprirsi dopo.
Brava Michielin, ma bravi anche i tuoi.
Sono sicura che credono in te.