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Nel cuore

Nel cuore.
Ciò che sta nel cuore afferisce agli affetti, all’amore e ai sentimenti, sia nel bene sia nel male.
Innamoramento, gioia, felicità, odio, dolore, strazio, struggimento, nostalgia, tristezza, entusiasmo.
Ciò che sta nel cuore è poco misurabile, poco contenibile, il cuore ha tessuti spugnosi, le cose entrano facilmente e faticano ad uscire.
Ciò che sta nel cuore non conosce limiti di tempo e di spazio.
Nel cuore possono stare tutti gli esseri viventi in generale, ma anche gli spazi, la geografia, i fatti, nel cuore può stare l’Universo intero.
Il cuore può contenere cose che la testa non immagina nemmeno, nel vero senso della parola.
Il cuore può conservare emozioni e sentimenti anche quando non è più ora e nemmeno qui.
Il cuore si nutre di immagini, di colori, di odori e di sensazioni tattili, il cuore è un organo prima di tutto sensoriale.
Grazie al cuore comprendiamo le cose e le persone.
Ma il cuore, proprio perché infinito, nello spazio e nel tempo, ha bisogno della testa per potersi definire.
Ha bisogno di trovare le parole per potersi descrivere.
Ha bisogno dei pensieri per coltivare ciò che prova.
Ha bisogno della mente per sapere di essere cuore.
Il buon collegamento tra la testa e il cuore ci permette di rimanere interi, nel bene e nel male, perché non sono i buoni accadimenti che ci fanno restare sani, sono i buoni pensieri sugli accadimenti.
E, siccome, l’esperienza più significativa di collegamento tra cuore e mente è quella che intercorre con il proprio sé, una delle pratiche più utili per mantenere questo collegamento è la scrittura di questo sé.
La scrittura ci permette di fissare cognitivamente ciò che ci accade dentro.
Ci permette, potendolo raccontare, di conoscerlo e ri-conoscerlo.
Ci permette di pensarlo e ri-pensarlo. Di ri-cordarlo.
Nell’antichità classica il cuore era ritenuto sede della memoria. Il verbo ricordare deriva dal verbo latino recordari che, a sua volta, discende dal sostantivo cŏr, cuore, col suffisso re- di movimento.
Propriamente, rimettere nel cuore , rimettere nella memoria.
Ancora oggi l’espressione a memoria si traduce “par coeur” in francese e “by heart” in inglese.
Ed è il cuore che parla, se scriviamo di noi.
Magari, dapprincipio, se non siamo abituati, annoteremo i fatti, le azioni e gli accadimenti, poi, come per magia (sul serio), il cuore si collegherà automaticamente e, dalla penna (o dalla tastiera), uscirà ciò che proviamo, ciò che sentiamo, ciò che sgorga emotivamente da noi. Come il flusso di un rubinetto che si apre.
Scrivendolo, tirandolo fuori, questo flusso ci emozionerà e potremo permetterci di piangerci o di riderci sopra. Smetterà di essere sacro, diventerà umano. Smetterà di essere solo nostro, diventerà universale.
Nel momento in cui ciò che ci è accaduto diventa storia daremo a ciò che ci è accaduto un significato e potremo, finalmente , farcene una ragione.
Potremo riconoscere il nostro cuore attraverso il nostro pensiero che, in quel momento, ci dirà solo ed esclusivamente ciò che siamo davvero e non ciò che qualcuno o qualcosa dentro di noi ci ha imposto di essere.

 

… dò asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere, un cuore eccessivamente spontaneo che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale, che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta, tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
Fernando Pessoa

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