Due simpatiche donne over sixty parlano amichevolmente al tavolo del bar sulla spiaggia.
Lido di Venezia, ventisei gradi, piacevolissimo pomeriggio di una perfetta domenica di giugno.
Un venticello leggero accarezza le confidenze tra le coetanee.
Argomento: la tecnologia.
Entrambe la usano, parlano di smartphone, di tablet e di connessione, dimostrando di avere risposto al richiamo dei nuovi mezzi, ma non fanno parte di questo mondo, si sente, lo usano e basta.
Ci provano, diciamo.
Una di loro ha appena “fatto funzionare Whatsapp” e ne decanta con soddisfazione i risultati.
“Pensa, mio nipote è in Cile e ieri ci siamo parlati tutta la sera!”
L’amica (senza whatsapp) le chiede se “hanno usato le parole o la scrittura”.
Lei risponde che suo nipote “usa anche la voce”, mentre lei, che non è capace, solo “le parole scritte”.
“Ma, non è piccolo lo smartphone?” le chiede, allora, l’altra.
“NOO, guarda come si fa!”
“Davvero, hai ragione, è abbastanza grande… non fugge via!”
Meravigliose.
Il breve dialogo mi porta in un posto lontano, quando c’erano altri oggetti e altre parole.
Mi porta nel passato e il passato è seduto accanto a me.
Le cose nuove hanno corso più degli anni sui quali viaggiavano.
Chi ne ha sessanta ha visto il mondo trasformarsi mentre cresceva e il ponte che collega i propri genitori, spesso ancora vivi, ai propri figli si è fatto talmente lungo che non si vede più il punto di partenza.
C’è poco da avere nostalgia.
Parlarsi da un capo all’altro del mondo con facilità e quasi gratuitamente è fantastico.
Trovare informazioni velocemente da casa, anche.
Per chi ama scrivere, è un’epoca d’oro, di condivisione allargata e di opportunità.
L’impressione che ho, però, è quella di una navigazione a vista, e sempre in mare aperto.
La rotta mi sfugge, il capitano non lo vedo.
Ognuno ha la sua barca, molti la condividono con centinaia di persone e non hanno acqua, né viveri.
Il traffico è intenso.
Qui, al tavolo del bar, ascolto le due donne e le vedo a riva, che guardano l’orizzonte in cerca di battelli.
Forse, sono anch’io sulla terra ferma, ad aspettare di partire, forse esco a pesca tutte le notti e, poi, ritorno a casa.
Mi piace ancora guardare le cartine geografiche e spedisco cartoline.
Instagram e Twitter mi divertono, ma non voglio pubblicare mie foto o foto di chi mi sta vicino.
Non sono una nativa digitale e me ne vanto.
La mia infanzia è in bianco e nero e la considero una cosa preziosa, perché era bella e non c’è più.
Sono affezionata a tutto ciò che è stato e ricordarlo mi emoziona.
So da dove sono partita e cosa mi piace del viaggio.
Nonostante ciò, spesso perdo la strada ed è per questo che penso a quanto sia importante avere la mappa con sé.
E la voce delle mie vicine, in questo fresco pomeriggio di sole, è un punto che, con il pennarello, segno sulla mia.
